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Tale
processo, noto anche con
il
nome anglo-sassone
di SWOT Analisys,
si articola in
due parti (vedi figura 1): un’analisi interna
(Strenghts/Weakness) ed una
esterna (Opportunities/Troubles).
È la fase più delicata, in cui a tutta
l’azienda è richiesto di collaborare,
fornendo agli addetti i dati necessari. La direzione, poi, deve mettere
in
grado il logista di definire in maniera corretta il posizionamento
dell’azienda
sul mercato. Nella
fase di analisi
interna, occorre evidenziare la struttura aziendale ed individuare le
regole
del suo funzionamento (procedure). Tra le variabili da
tenere in
considerazione
vi sono anche gli indici di solidità
patrimoniale e
redditività deducibili
dall’analisi del bilancio d’esercizio.
Da questa prima analisi è possibile derivare anche la catena
del valore, che ci mostra la composizione dei
costi (ripartiti per area
di competenza) ed il loro rapporto con i ricavi.
Ovviamente ogni
informazione può divenire punto di forza o
di debolezza in base al confronto con gli stessi indici dei principali
concorrenti e coi dati medi del mercato di riferimento.
La seconda fase è la più complessa. Dapprima
occorre definire l’ambiente di riferimento
dell’azienda. L’ambiente
significativo per
l’impresa, infatti, è molto ampio e
comprende
forze sia economiche sia sociali. Oltre al settore, od ai
settori,
economici di riferimento, individuabili attraverso la segmentazione
del
mercato complessivo, vanno considerati anche quei componenti che, pur
essendo esterni al settore, influenzano significativamente
l’attività delle imprese che operano
nell’ambiente specifico dell’azienda.
Se la struttura industriale condiziona in maniera decisiva la
determinazione dei meccanismi concorrenziali e delle alternative
strategiche possibili, l’evoluzione di mercati come quelli
dei capitali, della manodopera, delle informazioni e dei servizi ha
effetti rilevanti su tutti gli altri settori dell’economia. La
globalizzazione,
infatti, oltre ad alterare significativamente il
concetto di segmentazione geografica del mercato, ha creato rapporti
sempre più stretti d’interdipendenza tra i vari
settori. L’andamento dei mercati finanziari, ad
esempio,
finisce con l’influenzare la propensione
all’investimento delle varie imprese.
Un mercato rigido della forza lavoro, d’altra parte,
può portare le aziende ad esternalizzare le
attività non strategiche ed, a volte, a trasferire
all’estero le lavorazioni che richiedono il maggior apporto
di manodopera. Questa situazione porta anche alla nascita di imprese
che si occupino di svolgere per conto terzi quelle funzioni cui i
singoli operatori non reputano più conveniente destinare
risorse interne.
Se tali fattori influenzano tutte le imprese del settore, le stesse
imprese mostrano abilità differenti nel fronteggiare
l’impatto di questi componenti.
L’intensità della concorrenza
all’interno di un settore, poi, ha radici nella sua struttura
economica di base, e va ben oltre il comportamento degli attuali
concorrenti. Essa dipende da 5 fattori competitivi fondamentali:
L’effetto congiunto di
questi fattori determina il potenziale
profitto finale del settore in analisi,
dove il profitto potenziale
è misurato in termini di remunerazione a lungo termine del
capitale investito. Non tutti i settori hanno le stesse
potenzialità. Essi differiscono tra loro fondamentalmente
nei profitti potenziali in concomitanza con
l’intensità delle forze in campo. Occorre allora
identificare i principali aspetti strutturali che determinano
l’intensità dei fattori competitivi, e quindi il
livello di profitto del settore. Ogni
impresa, infatti, deve trovare
all’interno del proprio settore d’appartenenza una
posizione che possa essere facilmente difendibile dalle iniziative
della concorrenza o che consenta di influenzarle a proprio vantaggio.
Anche se l’effetto congiunto può essere chiaro a
tutti i concorrenti, risulta strategico scavare sotto la superficie ed
analizzare l’origine di ogni fattore concorrenziale.
La conoscenza delle fonti della pressione concorrenziale chiarisce le
forze e le debolezze dell’impresa, indirizza il
posizionamento all’interno del settore, evidenzia le aree
dove i mutamenti strategici possono realizzare i risultati
più significativi, fa emergere le tendenze significative di
settore in termini di minacce ed opportunità. La
comprensione di questi tratti è utile anche per fare
emergere aree potenziali di diversificazione, nonostante la nostra
attenzione sia concentrata sulla strategia all’interno di un
singolo settore. L’analisi
della struttura industriale
è quindi il riferimento fondamentale della formulazione
della strategia aziendale e, di conseguenza, del piano logistico.
Una volta definito l’ambiente competitivo, occorre valutarne
l’andamento, in modo da poter identificare eventuali minacce
ed opportunità che si possano presentare per
l’azienda. Ciò richiede l’analisi anche
di variabili quali le prospettive sull’andamento
dell’economia globale, le politiche governative, il
ciclo di
vita del prodotto , lo sviluppo tecnologico e le prevedibili
modificazioni nelle abitudini degli acquirenti.
Le prospettive di
crescita dell’economia e le politiche governative, infatti,
influenzano moltissimo la propensione alla spesa degli acquirenti.
Se la politica di
governo prevede un forte prelievo fiscale sui redditi dei cittadini, la
disponibilità di capitali di questi ultimi si
ridurrà, e di conseguenza ne risentirà il loro
comportamento d’acquisto. Così come
l’introduzione di norme di controllo
sull’inquinamento o sulla sicurezza sul lavoro possono
convogliare su quei settori capitali normalmente destinati ad altri
consumi. Una regolamentazione rigida di certi mercati,
d’altra parte, può imporre alle aziende che vi
operano costi supplementari, che si rifletteranno sui profitti
aziendali o sul potere d’acquisto dei consumatori. Le prospettive
economiche generali, a loro volta, potranno acutizzare o ridurre tali
effetti, a seconda che ci si trovi in una fase di crescita o di
depressione.
Il ciclo di vita del prodotto può essere riferito:
- ad
un prodotto inteso in senso merceologico, considerato
nell’insieme dell’offerta, e quindi dal punto di
vista di un’industria;
- ad
un particolare tipo di prodotto;
- al
prodotto di una singola impresa.
Le
varie classi di prodotto
possono a loro volta essere raggruppate in: prodotti maturi, prodotti
intermedi e prodotti avanzati. Questo primo livello di analisi
consente alle pubbliche autorità di calibrare gli eventuali
interventi di politica industriale volti a far si che
l’offerta complessiva del sistema produttivo di un paese sia
mantenuta in posizione competitiva nel contesto internazionale.
Lo stadio successivo della nostra analisi può riguardare sia
una singola sottoclasse di prodotto, sia un particolare sistema
produttivo locale. Il
terzo livello di
analisi del ciclo di vita del prodotto riguarda la gamma della singola
impresa e le iniziative che questa può assumere nelle
diverse fasi. Quest’ultimo
profilo è quello più rilevante per le politiche
di marketing a livello aziendale. Se la forma della curva
delle vendite del mercato è difficilmente influenzabile,
quella della singola impresa può essere controllata da
un’efficace azione direttiva dell’azienda. Per poter gestire
con successo il ciclo di vita di un prodotto, però,
è necessario prevedere l’andamento del ciclo di
vita di quel particolare prodotto anche prima della sua introduzione
sul mercato e, nel corso di ogni stadio, cercare di prevedere ed
anticipare le caratteristiche della politica di marketing che
sarà necessario attuare nello stadio successivo.
Ciò permette anche di influenzare la durata delle singole
fasi.
Per esempio, il tempo necessario all’introduzione sul mercato
di un determinato prodotto può essere ridotto ampliandone la
distribuzione ed incrementando lo sforzo promozionale, ed il ricorso al
restyling
può consentire di allungare il periodo di
maturità del prodotto. Ma è soprattutto nella
fase di declino che un’azienda dispone delle maggiori
possibilità per gestire il ciclo di vita del proprio
prodotto. In questo stadio il management aziendale si trova a dover
scegliere tra alcune vie alternative:
- migliorare
il prodotto dal punto di vista funzionale o tentare, in qualche modo,
di rivitalizzarlo;
- assicurarsi
che i programmi di produzione e di marketing siano i più
efficienti possibili;
- ridurre
la gamma dei prodotti, eliminando i modelli meno redditizi;
- esaurire
il prodotto, cioè ridurre tutti i costi al loro minimo
livello, in modo da aumentare la redditività del prodotto
nel tempo di vita restante;
- abbandonare
il prodotto.
Tale ultima
alternativa, che va comunque considerata in tutti gli stadi del ciclo
di vita di un prodotto, si rende necessaria quando i costi che si
devono sostenere per mantenere in assortimento i prodotti poco
redditizi diventano eccessivamente gravosi, soprattutto a causa delle
perdite di tempo e degli sforzi che vengono dedicati alla cura dei
prodotti in crisi. Capire quale sia il momento giusto per abbandonare
un prodotto è tanto importante quanto individuare le
condizioni giuste per immettere sul mercato nuovi prodotti. Sarebbe,
allora, opportuno stabilire delle procedure sistematiche per giudicare,
in maniera obiettiva, un prodotto nelle varie fasi del suo ciclo di
vita, che consentano di scoprire il momento più opportuno
per il suo abbandono. Purtroppo le imprese sono spesso
riluttanti a
prendere certe decisioni.
Un prodotto, poi, non va visto solo nell’ottica fredda della
sua funzionalità. Nell’arco della sua vita,
infatti, il prodotto di base deve essere continuamente rinnovato, per
rispondere alle continua richiesta di novità del mercato. I
consumatori, infatti, sono sempre alla ricerca di “qualcosa
di nuovo”, anche solo nella confezione. Questo ha indotto
molte imprese a sviluppare una strategia di prodotto basata
sull’obsolescenza
pianificata,
il cui obiettivo è
quello di pilotare l’eliminazione di un prodotto esistente
introducendo sul mercato nuovi prodotti sostitutivi.
L’importanza
dello
sviluppo tecnologico e delle modifiche nelle abitudini degli
acquirenti, invece, varia in base al mercato di riferimento.
Mentre
per i prodotti avanzati ed intermedi sarà strategico
riuscire a
stare al passo con i progressi compiuti dalla ricerca, investendo
capitali anche per il monitoraggio dei brevetti depositati dagli altri
operatori, non limitandosi al solo mercato di riferimento, ma spaziando
anche in tutti i settori collaterali, per articoli maturi, quali
l’abbigliamento od i generi alimentari,
l’attenzione
dovrà essere focalizzata sulle abitudini degli acquirenti.
Abitudini che sono legate allo stile di vita dei consumatori ed alla
moda.
Lo stile di vita
è legato alle stesse variabili illustrate per la segmentazione
dei mercati, e dipende fortemente dalle politiche governative.
In
un paese caratterizzato da un forte tasso di analfabetismo, il mercato
dei libri è ovviamente un mercato d’elite, se
però
il governo locale mette in atto una politica di alfabetizzazione della
popolazione, le prospettive a medio termine della domanda saranno di
forte crescita. La crescita demografica è sia
effetto che
causa di altri fattori. Il miglioramento delle condizioni di vita
consente ai coniugi di mantenere un maggior numero di figli, e questo
porta ad un’espansione dei vari mercati ed ad una modifica
sostanziale degli stili di vita. Dovendo acquistare
un’automobile, a parità di
disponibilità
economiche, le scelte di un padre di famiglia e di un single saranno
tra loro molto diverse: il padre di famiglia prediligerà
vetture
capienti e con costi di gestione ridotti, mentre il single si
orienterà soprattutto verso modelli
“d’effetto”. In tale scelta, poi, entra
in gioco
anche l’influenza che l’ambiente socio-economico
esercita
sui diversi individui. Tale influenza si concretizza normalmente in
fenomeni come quello della moda.
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Figura 1:
Schema di SWOT Analisys
La concorrenza
tra le imprese di un settore si manifesta attraverso
comportamenti
competitivi ben noti: manovre
sui prezzi; battaglie
pubblicitarie;
lancio
di nuovi prodotti; perfezionamento
del livello di servizio e delle
garanzie ai clienti.Tali manovre sono dirette a
conquistare posizioni di mercato più favorevoli od a
difendere quella raggiunta
dalle iniziative dei concorrenti. In quasi tutti i segmenti di mercato
i
competitori hanno tra loro rapporti di reciproca dipendenza, le manovre
delle
singole imprese incidono sensibilmente sull’equilibrio
dell’intero mercato. A
causa di ciò, i vari mercati si trovano in situazioni di
“disequilibrio
stabile”. Anche in mercati
caratterizzati da situazioni di concorrenza perfetta, in cui agiscono
molte
imprese, non ci si può illudere di poter agire senza essere
notati. <torna
su> |
I fornitori
possono influenzare l’intensità della concorrenza
agendo
sui prezzi e/o sulla qualità dei prodotti e sul livello dei
servizi. Fornitori che detengano posizioni di forza possono ridurre il
tasso di profitto di un settore, se questo è incapace di
trasferire gli aumenti di costo subiti sul prezzo dei propri prodotti.
I fattori che definiscono il potere contrattuale dei fornitori sono i
seguenti:
- i fornitori di un determinato prodotto sono pochi;
- non esistono prodotti sostitutivi a quelli proposti dal fornitore;
- il settore non è un cliente importante per il fornitore;
- il prodotto fornito è un input importante per il
compratore;
- il gruppo dei fornitori ha differenziato i propri prodotti o ha
determinato costi di riconversione;
- il gruppo di fornitori minaccia di integrarsi verticalmente a valle.
Di solito, quando si parla di fornitori ci si riferisce ad imprese, ma
anche i lavoratori possono essere considerati come fornitori, per di
più se in possesso di alte e/o rare
professionalità.
I meccanismi che determinano il potere potenziale della forza lavoro
intesa come fornitore, sono simili a quelli visti in precedenza. Gli
elementi addizionali importanti sono il livello di organizzazione dei
lavoratori e la possibilità di aumentare il numero di
persone in
possesso di professionalità rare. Se i lavoratori sono
altamente
sindacalizzati, o se la possibilità di allargare la cerchia
di
persone in possesso di una determinata professionalità
è
limitata, il potere della forza lavoro è elevato.
Il potere contrattuale detenuto dai fornitori varia al variare dei
fattori sopra elencati, spesso in modo incontrollabile da parte dei
compratori. L’impresa può migliorare la sua
situazione per
mezzo di strategie appropriate: rafforzando la sua
possibilità
di integrazione verticale a monte e cercando di ridurre i costi di
riconversione.
<torna su>
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I
clienti costituiscono, a loro volta, una forza
concorrenziale. Esercitando pressioni per ottenere diminuzioni di
prezzo e migliore qualità del prodotto e del livello del
servizio, infatti, mettono le imprese fornitrici l’una contro
l’altra, con risvolti negativi sui saggi di profitto. Il
potere di ciascun gruppo significativo di acquirenti di un settore
dipende da molti fattori, legati alla situazione del mercato ed
all’importanza relativa degli acquisti del gruppo sul totale
degli acquisti del settore.
L’influenza
di un gruppo di acquirenti è alta in presenza delle seguenti
circostanze:
- il
gruppo è concentrato o acquista grandi volumi in relazione
al giro d’affari del venditore;
- il
volume di acquisti effettuato dal compratore presso il settore
rappresenta una frazione importante del totale dei costi o degli
acquisti del compratore;
- il
prodotto è standardizzato o indifferenziato;
- i
costi di riconversione sono bassi;
- esiste
la concreta possibilità di attuare un processo
d’integrazione verticale a monte da parte degli acquirenti;
- l’acquirente
si trova in una situazione finanziaria difficile;
- il
prodotto acquistato influenza la qualità del prodotto o del
servizio del compratore;
- il
compratore ha informazioni dettagliate.
Molte
di queste considerazioni sono riferibili sia a consumatori finali sia
ad imprese industriali e commerciali.
Quando
i fattori descritti subiscono delle variazioni, nel corso del tempo o
per le iniziative di un’impresa, il potere degli acquirenti,
ovviamente, aumenta o diminuisce. <torna
su> |
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Secondo
Gianni Lorenzoni, “l’impatto
dei prodotti sostitutivi può essere visto come
l’elasticità globale della domanda del
settore”.
Tutte le imprese di un mercato, infatti, competono, in senso lato, con
i mercati di quei beni o servizi che possono essere sostitutivi dei
propri. La presenza di tali beni o servizi limita i potenziali profitti
del segmento di riferimento, ponendo limiti ai prezzi che le imprese
possono stabilire. Più favorevole è il rapporto
prezzo-qualità offerto dal sostituto, maggiore è
il
vincolo sulla redditività del settore.
L’identificazione
dei prodotti sostitutivi non è assolutamente un processo
immediato, molte volte le minacce vengono da settori assai lontani da
quello di riferimento. Le condizioni che portano alla sostituzione di
un prodotto con un altro possono essere di vario tipo:
-
miglioramento delle condizioni economiche della clientela;
-
evoluzione tecnologica;
-
cambiamenti nelle abitudini degli acquirenti,
e
possono richiedere tempi anche molto lunghi per manifestarsi.
Negli
anni ‘50, ad esempio, i produttori di regoli calcolatori non
avrebbero mai pensato che qualche decina d’anni
più tardi
il loro settore di mercato sarebbe stato letteralmente azzerato
dall’avvento della calcolatrice elettronica. Così
come i
produttori di agende cartacee non hanno saputo percepire la minaccia
che l’avvento delle agende elettroniche prima, e dei telefoni
cellulari poi, ha costituito per il loro mercato.
In
effetti, lo sviluppo tecnologico è attualmente la fonte
principale di prodotti sostitutivi a quelli esistenti, e comunque
quella da cui è più difficile difendersi.
Se
i mutamenti delle condizioni economiche e delle abitudini degli
acquirenti possono essere gestiti con appropriate politiche
commerciali, l’avvento di prodotti tecnologicamente
più
evoluti molto spesso porta alla morte del mercato più
“arretrato”.
Per
contrastare le minacce portate dall’avvento di prodotti
sostitutivi, può rendersi necessaria un’azione
comune da
parte delle imprese del settore. <torna
su> |
Il
processo di restiling
comprende una serie di interventi volti a modificare unicamente
l'aspetto esteriore di un prodotto; in particolare, modifiche di
carrozzeria
per la nuova serie di un modello di automobile. <torna
su> |
Il
termine obsolescenza
pianificata viene usato per indicare cose molto differenti:
-
l’obsolescenza tecnologica o funzionale;
-
l’obsolescenza ritardata;
-
l’obsolescenza nello stile.
L’obsolescenza
tecnologica viene generalmente considerata in senso positivo da un
punto di vista economico e sociale, ma comporta investimenti anche
rilevanti in ricerca e sviluppo per le imprese. Essa si verifica quando
il progresso tecnologico consente di apportare ad un prodotto notevoli
miglioramenti, in modo da renderlo più efficiente.
Quando
l’utilizzo di tali miglioramenti viene ritardato fino a che
non si verifica una flessione della domanda di mercato per gli attuali
prodotti dell’azienda, si parla di obsolescenza ritardata.
L’obsolescenza
nello stile, invece, si ottiene modificando alcune caratteristiche
superficiali del prodotto, in maniera da ottenere un nuovo modello che
sia facilmente distinguibile dal precedente. Lo scopo è
quello di far si che la gente si senta fuori moda continuando ad usare
i vecchi modelli. <torna
su>
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